Fra i massimi esponenti della corrente filosofica analitica, largamente ispiratosi al pensiero di Willard Van Orman Quine e di Alfred Tarski, si occupò di teoria dell'azione, di questioni ontologiche, di filosofia del linguaggio, di filosofia della mente, di teorie della verità, e di epistemologia, ed è stato riconosciuto come un maestro da filosofi della corrente neo-pragmatista come Richard Rorty. L’intera sua opera consiste in un centinaio circa di articoli usciti su riviste specializzate o miscellanee, molti dei quali raccolti successivamente in volumi.
“La conclusione di queste considerazioni è che la razionalità è tratto sociale. Solo coloro che comunicano
la possiedono.”
la possiedono.”
“Mi è capitato spesso di dare conferenze, dal titolo “Perché gli animali non possono pensare?”, basate sulle idee sviluppate in questo articolo. Il titolo era tendenzioso poiché argomentavo (come sto facendo qui) che solo creature dotate di linguaggio possono pensare. E mi capita di ritenere che le donne e gli uomini siano i soli ad avere un linguaggio, o almeno un linguaggio abbastanza complesso da giustificare l’attribuzione di pensieri.
Per quanto riguarda l’aspetto morale relativo al modo in cui dovremmo trattare creature senza linguaggio, non vedo alcuna ragione per la quale dovremmo essere meno rispettosi verso coloro che non possiedono un linguaggio piuttosto che verso coloro che lo possiedono, tutto il contrario.”
L’esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l’esame, poi ti spiega la lezione. (Oscar Wilde)
Menti selvagge di Marc D.Hauser
Gli animali possiedono una consapevolezza? Taluni animali sono più intelligenti di altri?
Penso che queste siano domande inutili perché sono imprecise, basate su concetti generali spesso definiti in base ai comportamenti umani. In questo spirito, in genere eviterò di servirmi delle parole “pensare”, “conscio”, e “intelligente”. Mi interrogherò invece sui fenomeni mentali più precisamente specificati, quali la capacità di un animale di servirsi di attrezzi, di risolvere problemi mediante simboli, di trovare la strada di casa, di capire le proprie convinzioni, e quelle degli altri, e di imparare grazie all'imitazione.
Sono questioni che credo si possano affrontare senza tenere conto del pensiero umano e con metodi scientifici.
Gli animali provano emozioni?
Si. Le emozioni preparano tutti gli organismi all'azione per andare verso quanto arreca vantaggio e per evitare ciò che porta danno. Ma quando ci allontaniamo dalle emozioni fondamentali quali la rabbia e la paura che con ogni probabilità tutti gli animali condividono, ci imbattiamo in altre emozioni come il senso di colpa, l’imbarazzo e la vergogna, che dipendono in maniera determinante dalla consapevolezza di se e degli altri. Prenderò in esame il fatto che questi sentimenti sono forse unicamente umani. e producono all'uomo un senso morale quale con ogni probabilità nessun animale giunge a possedere.
Gli animali comunicano?
Si. Ma il sistema di comunicazione di ciascuna specie possiede una configurazione esclusiva, specializzata per trasmettere informazioni e per influenzare il comportamento. Di pipistrelli e delfini si servono di una specie di radar per orientarsi, gli uccelli cantano, le api danzano, i gorilla grugniscono, il ratto canguro tamburella e le lucciole lampeggiano. E si, gli esseri umani gesticolano e parlano nella propria lingua originaria e a volte anche in qualche straniera.
Gli animali sono guidati dall'istinto?
Si, e lo siamo anche noi. Gli istinti guidano l’esperienza del sapere. Gli istinti inducono gli organismi a badare ad alcuni aspetti dell’ambiente e ignorarne altri. Molti dei nostri istinti risalgono ad antichi processi evolutivi, e fanno sì che condividiamo con molti animali, una visione concettuale e percettiva del mondo.
Gli animali possiedono regole che non sopportano e talvolta infrangono?
Si, e le regole riflettono le condizioni in cui si giocano le partite per la riproduzione e la sopravvivenza. Ma diversamente dalle nostre regole, le loro non si fondano sulla comprensione di quanto è “giusto” e “sbagliato”. Gli animali obbediscono alle regole, ma non sanno che le regole sono state elaborate per rispettare le convenzioni, per evitare azioni pericolose, e in taluni casi, e se non altro, per preservare il gruppo.
Proprio i bambini sono come gli animali, ma gli esseri umani adulti no. In qualità di adulti sappiamo che le regole sono state indicate per mediare tra il bene e il male e che forniscono una linea guida per le nostre azioni.
Gli uomini tengono conto delle regole, e spesso le rispettano. Cosa più importante, a causa della nostra capacità di distinguere tra “è” e “deve”, tra le inclinazioni biologiche che abbiano ereditato dal passato e quanto decidiamo di fare come individui mentre ci costruiamo una vita, siamo gli unici nella posizione di attribuire valori al comportamento, di ricompensare talune azioni e punirne altre.
Nel rivolgere queste domande, ho usufruito della mia esperienza come scienziato che studia gli animali, in natura e in laboratorio, ma le ho poste anche i qualità di naturalista occasionale. Ho osservato e condotto esperimenti sugli animali, compreso i Cercopitechi verdi che vivono nella savana del Kenya, gli scimpanzé di una foresta pluviale in Uganda, i Corvi di campo di golf nella California meridionale, i Passeri dalla corona bianca (Zonotrichia leucophrys) dei cieli di San Francisco, le scimmie Rhesus di un isola tropicale al largo delle coste di Porto Rico, i Tamarini dai ciuffi bianchi del mio laboratorio all'Università di Harvard. Questo mi ha procurato innumerevoli osservazioni sugli animali sui quali mi sono imbattuto, cui faccio ricorso spesso nell'elaborare il tessuto concettuale dei problemi in questione.
La comprensione di come un animale vede il mondo richiede, quindi, l’abilità di isolare l’appropriato sistema sensoriale e di determinare i tipi di problemi che le specie hanno superato in passato per riuscire a sopravvivere fino ad oggi. Non dobbiamo presumerei sapere quello che loro sanno, o di sapere in che modo sono giunte a conoscerlo. Diversamente da Scrooge, il protagonista di “Racconto di Natale” di Dickens, al quale fu data l’opportunità di visitare il passato e di guardare nel proprio futuro, noi dobbiamo basarci sull'effettivo schema del cervello e del comportamento dell’animale per arguire il genere di problemi che la sua mente è programmata per risolvere. Questa è una ricetta che ha funzionato fin da quando Charles Darwin la inventò, più di cent’anni fa. Se la seguiremo con scrupolo impareremo molte cose sulle menti selvagge che abitano questo pianeta.
Hauser ha ricevuto un Bachelor of Science da Bucknell University e un dottorato di ricerca presso la UCLA. Era un professore di Harvard College e professore nei dipartimenti di Psicologia, Biologia Evolutiva e organismica, e Antropologia Biologica. E 'stato il co-direttore di Mind Brain, e del programma Comportamento ad Harvard, direttore del Laboratorio di evoluzione cognitiva, e professore a contratto presso la Graduate School of Education e il Programma in Neuroscienze.
Ho voluto fare una ricerca perché Cesar Millan scriveva sui suoi libri che i cani non potevano capire quello che noi dicevamo a loro.
Camminando per strada spesso mi capita di sentire proprietari di cani che fanno dei discorsi ai loro cani, e quando mi sono permesso di far notare loro che i cani non possono capire mi hanno risposto dicendomi che avevano avuto cani per molti anni e che sapevano ciò che facevano.
Ho scoperto con grande interesse che queste cose, cioè che i cani ne nessun'altro animale può capire i nostri ragionamenti ne tanto meno il senso delle nostre parole.
Ci tengo a precisare che non è da ieri che queste cose sono note, ma che alcuni studiosi negli anni '50 già avevano reso pubblico.
Due, e non sono gli unici, ma sicuramente "riferimenti" per la scienza sono Donald Davidson e Marc D.Hauser qui sopra citati con la loro modesta opinione, e tanti anni di studi, osservazioni, ricerche, sono arrivati alla conclusione che per gli animali è impossibile capire il senso delle parole che pronunciamo.
Esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza. (Socrate)
Per educare non basta istruire. (Sigmund Freud)
P.S.: I nomi mi sono stati suggeriti da Cesar Millan nelle letture che lui consiglia, alla fine dei libri scritti da lui, sottolineando che sono libri che hanno arricchito le sue conoscenze.
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